Fido in classe per fermare il bullismo e insegnare l’empatia

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La migliore prevenzione del bullismo è l’educazione, sottolinea Javier Fiz Perez, docente di Psicologia all’Università Europea di Roma. E in cattedra per insegnare ai ragazzi l’empatia, può salire anche un amico a quattro zampe. La Pet Therapy, infatti, può essere uno strumento d’aiuto contro il bullismo.

“E’ importante –  spiega Javier Fiz Perez –  insegnare, educare e formare oggi al rispetto e alla sana convivenza, per garantire a tutti un futuro migliore e più sereno”. E secondo la psicologa Giorgia Caucci, fra i possibili strumenti per la gestione del problema del bullismo e di altre situazioni di difficoltà c’è proprio la Pet Therapy, che prevede interventi assistiti con gli animali.

“A tutti i bambini e ragazzi piacciono gli animali, in particolare i cani – osserva Caucci – La Pet Therapy a scuola può essere di supporto sia con bambini ‘difficili’ (ritardo psicomotorio e disturbi del comportamento) sia con l’intera classe, agendo sulla socializzazione, sulla relazione e sulla collaborazione. Quando un cane entra in classe le dinamiche cambiano, lasciando spazio all’armonia e alla coesione che portano nell’ambiente emozioni positive. Non solo. Il gruppo classe si unisce e prende forza. Quindi i cani si trasformano in veri e propri maestri, insegnando ai ragazzi l’importanza dell’empatia, della pazienza, e dell’ascolto”.

Attraverso il gioco con il cane, continua l’esperta, “i ragazzi imparano ad esprimere la loro vivacità, condividendola gli uni con gli altri, ricavandone sensazioni di benessere. Quindi, giocare con il cane a scuola permette di stimolare l’interazione sociale e l’autostima. Il cane riveste un ruolo affettivo, grazie alla capacità relazionale dell’animale stesso, che permette ai ragazzi un continuo scambio emozionale. Regolari incontri con gli amici a quattro zampe in classe possono aiutare ad arginare e a prevenire il fenomeno della dispersione scolastica, attraverso l’aumento della motivazione, del senso di responsabilità e di appartenenza dello studente alla quotidianità scolastica, anche grazie ad eventuale affiancamento mirato di soggetti a rischio durante le materie ritenute più difficili”. (AdnKronos)

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