Non pignoratemi fido!

Può accadere che si contraggano dei debiti, volontariamente o anche solo per distrazione (ad esempio, perché non si riesce più a far fronte alle rate di un finanziamento o ci si dimentica di pagare una multa), quindi è necessario sapere che il nostro ordinamento prevede diversi mezzi di tutela, affinché il creditore veda soddisfatto il proprio credito aggredendo il patrimonio del debitore.

Il principale strumento di recupero coatto del credito, previsto dal Codice di Procedura Civile, è il pignoramento. Con la proposizione di tale atto, l’esecuzione può andare a colpire diverse entità, quali beni mobili, beni immobili, crediti verso terzi,  conti correnti, salari, ecc.

Orbene, soffermandoci sulla prima macroarea, costituita dai beni mobili, si precisa come a seguito della notifica al debitore di un atto precetto, recante l’intimazione ad adempiere, il creditore potrà procedere chiedendo all’Ufficiale Giudiziario di pignorare qualsiasi bene mobile di proprietà del debitore, purché sia suscettibile di valutazione economica e fino al raggiungimento dell’importo indicato nell’atto di precetto.

Ma, cosa potrà materialmente pignorare l’Ufficiale Giudiziario, per soddisfare le pretese economiche vantate dal creditore? Anzitutto, è doveroso evidenziare come il nostro amico a quattro zampe, dal punto di vista giuridico, sia una “res” – una cosa – e, come tale, astrattamente ricompreso nei beni pignorabili e, soprattutto, appetibili, se di elevato valore economico.

Nella prassi, non sono mancati casi, fortunatamente rari, in cui l’Ufficiale Giudiziario ha ritenuto di pignorare cani per il soddisfo dei crediti azionati. Situazioni che hanno creato enorme scalpore, facendo emergere una gravissima lacuna normativa sul punto.

Il nostro Legislatore, infatti, a tutela della dignità del debitore, ha previsto una lista di beni indispensabili allo stesso e alle persone della sua famiglia con lui conviventi, sottraendoli alla libera pignorabilità (si veda art. 514 cpc).

Tra questi beni mobili c.d. assolutamente impignorabili e relativamente impignorabili, tuttavia, non è ricompreso il cane!!!!
Tale carenza legislativa, va a contrapporsi con i passi avanti compiuti dai Giudici delle Nostre Corti che, da tempo, hanno affermato a gran voce che i cani sono animali senzienti ai quali bisogna riconoscere diritti ed una conseguente tutela giuridica.

Ciò anche sulla scorta dei principi della Convenzione di Strasburgo che, già nel 1967, statuiva che “l’uomo ha l’obbligo morale di rispettare tutte le creature viventi, in considerazione dei particolari vincoli esistenti tra l’uomo e gli animali da compagnia e considerando l’importanza degli animali da compagnia a causa del contributo che essi forniscono alla qualità della vita e dunque il loro valore per la società”.

Pertanto, alla luce di una Giurisprudenza più esaustiva e attuale rispetto alle statuizioni codicistiche, a fronte del pignoramento di un cane, quale oggetto che deve saldare i debiti del proprietario, quest’ultimo potrebbe presentare ricorso al Giudice dell’Esecuzione chiedendo il ripristino della situazione precedente al pignoramento, oltre al risarcimento dei danni.

Quanto sopra, per evidente lesione del principio di “ritorsione sull’affetto” secondo cui, si deve evitare che il pignoramento di beni, possa tramutarsi in una forma indiretta di ricatto/ritorsione psicologica sul debitore.

Pressione che, indubbiamente, si creerebbe nel momento in cui un Ufficiale Giudiziario dovesse presentarsi a casa nostra pretendendo di sottrarre al nostro affetto ed all’affetto dei nostri familiari, il nostro amico a quattro zampe, ritenendolo oggetto di pagamento idoneo a soddisfare i nostri debiti.

Dott.sa Federica Fumagalli
consiglilegali@vanitypets.it