Il “danno da vacanza rovinata”, ma non per colpa di Fido

cane valigia

Può accadere che le aspettative del turista vengano disattese e frustrate a causa di carenze sulla qualità dell’alloggio o dei servizi che, talvolta, non corrispondono allo standard promesso con l’acquisto di un pacchetto turistico, soprattutto per quanto riguarda l’accoglienza di Fido.

Partiamo da un caso concreto per comprendere quali disposizioni normative tutelano noi amanti dei nostri amici a quattro zampe nella malaugurata eventualità in cui, giunti sul luogo di villeggiatura, scopriamo che Fido, contrariamente a quanto contrattualmente stabilito all’atto della prenotazione, non può soggiornare con noi.

La Suprema Corte ha avuto modo di pronunciarsi sul seguente caso: nell’agosto 2003 una coppia si recava presso un’agenzia viaggi per prenotare un soggiorno in un agriturismo, raccomandando agli impiegati dell’agenzia la necessità di un’adeguata sistemazione al proprio Rotwailer. Eppure, arrivati all’agriturismo riscontravano che la sistemazione, oltre a non corrispondere alle qualità rappresentate nel catalogo promozionale, era assolutamente inadeguata ad accogliere il loro Fido. E non essendovi altre sistemazioni disponibili  per tutti e tre (siamo nel bel mezzo del mese di agosto), la coppia si è vista costretta ad interrompere le tanto sospirate vacanze.  Dopo aver chiamato in causa l’agenzia di viaggi, il giudice ha ritenuto responsabile quest’ultima, confermando il diritto della coppia al risarcimento del danno da vacanza rovinata.

Ebbene, la finalità di vacanza e di svago è elemento caratterizzante ed obbligatorio del contratto per l’acquisto di un pacchetto turistico. Pertanto, il danno da vacanza rovinata, viene inteso dalla giurisprudenza come quel disagio psicofisico da mancata realizzazione di una vacanza programmata, è quel pregiudizio al benessere psichico materiale che il turista soffre per non aver potuto godere in tutto o in parte della vacanza quale occasione di piacere, svago e riposo.

Infatti, ai sensi dell’art. 47 del Codice del Turismo, nel caso di inesatta o di mancata esecuzione delle prestazioni oggetto del pacchetto turistico, in applicazione dell’art. 1455 c.c., il turista può chiedere, oltre ed indipendentemente dalla risoluzione del contratto, un risarcimento del danno per il tempo di vacanza inutilmente trascorso e per l’irripetibilità dell’occasione così perduta.

Nello specifico la responsabilità dell’organizzatore e del venditore di pacchetto turistico sussiste ogniqualvolta sia ravvisabile una responsabilità contrattuale diretta del prestatore di servizi verso il consumatore per il servizio resogli (o non resogli). Tanto che secondo la consolidata giurisprudenza, il creditore che agisce per il risarcimento del danno da inadempimento deve provare solo la inesattezza dell’adempimento, nel senso di mancata realizzazione della finalità turistica e di scopo vacanziero, essendo a carico del debitore l’onere di dimostrare l’esatto adempimento.

Ovviamente, il danno subito, o meglio, la gravità della lesione dell’interesse a godere della vacanza contrattualmente pattuita, per essere risarcibile deve superare una soglia minima di tollerabilità, a fronte della regola generale di reciproca lealtà di condotta, che accompagna il contratto in ogni sua fase.

Lo scopo è quindi quello di evitare che possano essere risarcite richieste meramente pretestuose, ma si tratta di un rischio non del tutto scongiurato, poiché, in assenza di delimitazioni normative, è compito del giudice valutare se nel caso concreto sottoposto alla sua attenzione sussista o meno il superamento di tale soglia, sempre tenendo conto della finalità turistica che qualifica il contratto determinando l’essenzialità di tutte le attività ed i servizi strumentali alla realizzazione del preminente scopo vacanziero.

Dott.ssa Valentina Casacalenda
consiglilegali@vanitypets.it