“Com’è essere un cane?”… Non come siamo abituati a rappresentali

cane allo specchio

Alexandra Horowitz, scienziata cognitivista, ha cercato di rispondere, attraverso le pagine del New York Times, alla domanda che gli uomini e i padroni in particolare si fanno da millenni: com’è essere un cane? Leggete bene la sua riflessione… Perché, per come siamo abituati a vedere e rappresentare i cani, siamo lontanissimi dalla risposta.

La Horowitz, premette di aver trascorso gran parte della sua vita “alla ricerca della risposta a questa domanda, attraverso la scienza. Sono una ricercatrice e indago il comportamento e la cognizione del cane: studio come i cani percepiscono il mondo e interagiscono tra loro e con le persone“.

Anzi, i cani sono il suo chiodo fisso: “vedo cani in film, GIF e meme, sfiziosi feed su Twitter e post di Facebook. Il Super Bowl propone sempre spot sui cucciolo: i cani nelle pubblicità vendono di tutto, dalla carta igienica ai tacos. Stranamente però, l’onnipresenza della mia materia preferita ha iniziato a darmi fastidio. I cani, così rappresentati, mi urtano e ho iniziato a chiedermi perché. Perché non riesco a guardare la foto di un “cane divertente?

Il motivo è presto detto. “Questi cani sono solo emoji pelosi: sostegni per emozioni e sentimenti. Ognuna di queste rappresentazioni sminuisce questa creatura complessa e impressionante, riducendola ad un oggetto frutto della nostra immaginazione più banale”. C’è molto che non sappiamo di loro e su come percepiscono il mondo, anche se pian piano si stanno scoprendo dettagli sulla loro domesticazione.

La Horowitz fa una serie di esempi. Isle of Dogs è un film bellissimo e i cani sono rappresentati, attraverso il linguaggio del corpo, in modo quasi perfetto. Però non sono cani, sono quadrupedi con medagliette per cani , perché i personaggi hanno voci umane, pensieri umani e comportamenti umani. Online poi il cane subisce il peggior travestimento: posa come una persona, intento a compiere azioni umane (parlare al telefono, bere un caffè seduto ad un tavolo) ed è persino vestito con occhiali, giacca e cravatta…

Questo è il nocciolo della questione: raramente i cani fanno i cani. “Questo antropomorfismo spazia dal semplice attribuire emozioni umane e desideri ai cani (vedi “Lassie” o “Benji”) al genere inspiegabile di cani che eccellono negli sport umani professionali (“Air Bud” e “Soccer Dog”)”. Al contrario, la Horowitsìz vorrebbe che i cani venissero rappresentati per quello che sono realmente e quindi per la ragione vera che ci spinge ad accompagnarci a loro da sempre.

“Riesco a guardare solo un certo tipo di immagini di cani, quelle che invece di presentarlo come l’umano peloso che vorremmo che fosse, mostrano il loro comportamento naturale: cani che si rotolano nella neve, che saltellano su e giù in attesa di uscire in passeggiata, che annusano o leccano o muovono la coda eccitati”.

Queste, per la scienziata, sono le vere immagini che dovrebbero emozionarci, “perché rappresentano la purezza dei sentimenti e la naturalezza e l’esuberanza con cui si vivono le emozioni, un po’ come accadeva a noi da bambini. Questo è il mondo visto attraverso gli occhi dei cani (o meglio, attraverso il naso dei cani). Se siamo davvero così riluttanti o incapaci di immaginare la prospettiva di un altro essere, vedremo solo noi stessi. Per questo, non dobbiamo nemmeno allontanarci dallo specchio”.

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